La testimonianza dei missionari sul posto
Alberto Rovelli, Bukavu, R,D, Congo
«La diffusione del coronavirus per ora non è drammatica, ma non possiamo sottovalutarla. Dobbiamo mettere in campo tutte le accortezze possibili per evitare di essere contagiati e per aiutare la popolazione a non contagiarsi». Alberto Rovelli, padre bianco, missionario a Bukavu, la capitale del Sud Kivu, descrive così la situazione dell’epidemia nella Rd Congo. «Al momento – continua -, i contagiati sembrano essere ancora pochi. Le autorità parlano di un centinaio di casi a Kinshasa. Qui a Bukavu ci dovrebbero essere non più di quaranta persone affette dal virus e nessuna vittima. È difficile però dire quanti altri casi ci siano nel resto del Paese che è vastissimo e nel quale non c’è una rete sanitaria capillare».
Il Presidente della Rd Congo, Félix Tshisekedi, ha decretato «lo stato d’urgenza» durante un messaggio televisivo alla nazione annunciando l’isolamento della capitale Kinshasa (città con circa 18 milioni di abitanti, osservata speciale dell’emergenza coronavirus in Africa). Durante il messaggio televisivo ha annunciato il divieto a chiunque di raggiungere le provincie dalla capitale e viceversa, con lo scopo di «isolare Kinshasa che risulta essere il focolaio della pandemia».
A Bukavu, i padri bianchi gestiscono un centro di formazione con numerosi studenti. Per precauzione hanno sospeso le lezioni ma hanno invitato i ragazzi a non lasciare la struttura. «La nostra casa – spiega padre Alberto – è un po’ isolata dalla città per questo è forse un po’ più al riparo dal contagio. I ragazzi rischierebbero certamente di più se tornassero in famiglia. Per tenerli occupati abbiamo organizzato corsi di inglese e li impegniamo in lavori manuali. Abbiamo chiesto loro di non andare a fare visite ad amici e parenti e a non ricevere visite qui in comunità».
Anche i missionari hanno ridotto al massimo le uscite. Lasciano la comunità solo per andare ad acquistare il cibo. Anche l’attività pastorale è rallentata. «Abbiamo seguito le indicazioni dei nostri vescovi – prosegue padre Alberto -. La messa domenicale e i funerali sono stati sospesi. I matrimoni già programmati si celebrano ancora, ma non vengono accettate più di dieci persone. Quelli non programmati sono rinviati a data da destinarsi».
Padre Alberto e i suoi confratelli temono la diffusione del virus, ma ancor di più la possibile carenza di cibo. «La paura sta già facendo gravi danni – conclude -. I prezzi dei generi alimentari sono aumentati notevolmente. Dal Ruanda arriva ancora qualche camion di farina, ma quando le scorte finiranno come faranno le famiglie a procurarsi il cibo? Ho ricevuto la telefonata da una mamma che mi ha detto che non ha già più nulla da mangiare e non ha i soldi per acquistare il cibo per i suoi figli. Il rischio è che il virus porti con sé una carestia che si potrebbe rivelare addirittura più letale del virus stesso».